Mettiamo che si chiamasse Giangiulio, ora proprio non lo ricordo il suo vero nome. Giangiulio era un mio compagno all’università e aveva costruito un sistema di acchiappo/attaccobottone alquanto singolare. Tra una lezione e l’altra si appoggiava mollemente allo stipite della porta dell’aula studio e quando qualcuna gli si avvicinava (anche solo per chiedergli di spostarsi per entrare), lui la guardava e carezzandosi una spelacchiata barba da capretta le chiedeva: “Sei kantiana o hegeliana?” Nella maggioranza dei casi, anche se l’aula studio in questione era della facoltà di Filosofia, quindi la domanda non era del tutto fuori luogo, le ragazze tiravano dritto senza neppure guardarlo (e comunque, anche lo avessero guardato, non credo avrebbe fatto molta differenza: oltre alla barbetta si era lasciato crescere due lunghi boccoli ai lati delle orecchie che lo facevano sembrare un rabbino ortodosso ma che non donavano sicuramente all’insieme). Una volta, intenerita dall’ennesimo insuccesso, gli consigliai di provare con “Preferisci il prosciutto o la mortadella?” ma mi guardò male e tornò al suo quesito originario. Mi è tornato in mente questo fatto mentre ripensavo alla scrittura di Kant, che sicuramente non fa venire gli occhi lucidi a una prima lettura (se non per lo sforzo di capirci qualcosa).

Non abbandoniamolo, però, perchè Kant ha una scrittura complessa, ricca di subordinate che si incastrano l’una nell’altra ma capaci di definire il percorso del pensiero con grande nettezza. Sono come i paletti nelle ferrate in montagna: non vedere il successivo, subito dietro l’angolo, magari in un punto impervio, può spaventare, ma appena lo raggiungi capisci che quel passaggio era inevitabile per andare oltre.

Studiare lo stile può aiutarti in quesi casi in cui vuoi condurre il tuo lettore attraverso la complessità per tappe graduali: prova a immaginare un percorso fatto come una spirale a base quadrata. Ogni livello è un passaggio di profondità in più, fino ad arrivare al nucleo importante.
Come? Prendiamo il breve saggio Che cosa significa orientarsi nel pensiero. La prima preoccupazione dell’autore è definire il concetto stesso di orientamento, innanzitutto in senso letterale, esaminando il significato della parola.
Quindi Kant allarga: espande il concetto appena spiegato, applicandolo ad altri ambiti, da quello spaziale a quello matematico, arrivando a quello logico, cioè del pensiero. 
Tre movimenti: definisco, allargo, restringo – piccolo, grande, piccolo. Praticamente un minuetto!

Vediamoli uno a uno.

Primo movimento: DEFINIRE
Definisco il significato delle parole e dei concetti principali del mio argomento (meglio concentrarsi su pochi), esplorandoli in tutti i loro possibili usi. Utilizzo le subordinate per scendere in profondità relativamente a ogni parola e fissare così una base comune tra chi scrive e chi legge, indispensabile per procedere nel ragionamento

Secondo movimento: ALLARGARE
Sperimento il concetto/parola chiave in ambiti diversi: sfrutto tutta la ricchezza semantica enucleata nel passaggio precedente per far volare il ragionamento, anche portandolo agli estremi. Kant, per esempio, utilizza una interessante iperbole (no cercare): “E se un giorno, per miracolo, tutte le costellazioni, pur mantenendo l’attuale configurazione e posizione reciproca, ruotassero verso oriente anziché verso occidente, l’indomani, in una notte stellata, nessun occhio umano noterebbe il benchè minimo mutamento e anche l’astronomo (…) resterebbe inevitabilmente disorientato.”  (pag. 48)
Tiro all’estremo il ragionamento: dove mi porta?

Terzo movimento: RESTRINGERE
Non ci resta che verificare anzitutto se il concetto con cui osiamo spingerci al di là di ogni esperienza possibile (cioè quanto fatto prima, nota di Chiara) è libero da contraddizioni e in secondo luogo ricondurre quanto meno il rapporto dell’oggetto agli oggetti dell’esperienza a concetti puri dell’intelletto (…).” (pag.50). Restringo di nuovo lo sguardo, concentrandomi sul concetto chiave iniziale arricchendolo, però, con quanto trovato grazie al movimento precedente. Mi chiedo: come quel viaggio verso l’esterno, verso territori più ampi e coraggiosi, ha arricchito il concetto di partenza?

E noi non cesseremo di esplorare
e alla fine dell’esplorazione
saremo al punto di partenza
sapremo il luogo per la prima volta.”
(Little Gidding in Quattro Quartetti di T.S.Eliot)

Riferimenti e ispirazioni
 Kant, Immanuel, Cosa significa orientarsi nel pensiero, Adelphi, Milano, 1996
Critica della ragion pura, Laterza, Bari, 1995
Eliot, T.S, Quattro quartetti, Raffaelli, Rimini, 2017
Cognetti, Paolo, A pesca nelle pozze più profonde, minimum fax, Roma, 2014
Cracovia Danza – Menuet / Minuet